Questa è l’era della performance all’ennesima potenza. Il dipendente è costantemente sotto la lente d’ingrandimento perché, all’interno delle aziende, tutto viene misurato ed analizzato: quanti contratti ha chiuso, quante ore della giornata non è produttivo, e così via.
Ma c’è qualcosa che i dati non dicono. Qualcosa di nascosto che i numeri non possono intercettare ma che un buon leader invece si.
Cosa?
Il potenziale
La risposta è il POTENZIALE. È una di quelle parole di “largo consumo”, ossia il suo utilizzo è sempre più frequente ma raramente ne viene colto il significato preciso.
Per andare dritti al punto, senza fare inutili giri, il potenziale è composto dalle competenze inespresse che una persona potrebbe esprimere attraverso la sua performance.
Perchè rimangono inespresse?
Per comprenderlo bisogna ripescare la definizione di performance di Tim Gallway, il padre del coaching moderno.
Secondo Gallway, la performance è il risultato tra il potenziale meno le interferenze. In sostanza quello che noi esprimiamo come performance in qualsiasi ambito è dato dall’intreccio tra quello che sappiamo fare e i fattori che ci limitano nel farle.
Immagina un atleta olimpico. La sua prestazione in gara sarà data dalle abilità costruite in allenamento meno le interferenze che sopraggiungeranno (ad esempio lo stress dovuto alla tensione accumulata, la paura del fallimento, la scarsa convinzione di portare a casa il risultato e cosi via).
Molto spesso il risultato di quello che facciamo non corrisponde a quello che potremmo fare in teoria.
Il leader e l’allenamento
Come leader dunque, allenati a tenere a mente questo aspetto e non fermarti mai alla facciata, ossia al risultato finale. Le persone possono sempre esprimere di più, basta semplicemente metterle nelle condizioni di poterlo fare.
Il vero leader comprende quali sono le interferenze che covano dietro alle performance di un suo collaboratore in modo da acquisire la chiave per poter capire effettivamente cosa può servigli per superarle e metterlo nelle reali condizioni di poterlo fare.
Non solo. Il leader che guarda al potenziale, incentiva automaticamente anche l’ organizzazione a farlo. I tuoi collaboratori potrebbero non fermarsi più a giudicare un collega che ha sbagliato ma cercheranno a loro volta di sostenerlo a trovare nuove soluzioni.
Insomma, mettere il potenziale al centro è come tenere la porta sempre aperta. Aperta ad una versione migliore di ogni persona.