Quante volte ti è capitato di prendere una decisione e poi a distanza di settimane o di mesi, pensare e dire “ma come non ho fatto a prevedere questa conseguenza così ovvia?”

Puoi aver assegnato un’altra funzione ad un tuo collaboratore che poi si è rivelato non adatto o non adatta a svolgerla oppure hai avviato una strategia di marketing che invece di portare clienti ha semplicemente bruciato budget aziendale.

Insomma, presumo che in questo momento tu stia pensando ad almeno un esempio che hai sperimentato sulla tua pelle.

Ma perchè quella persona che pensavi fosse l’asso della manica da giocare in quel contesto ha poi fallito? Oppure, come mai quella  decisione così ovvia quando l’hai presa si è rivelata un insuccesso a posteriori?

Tra le tante risposte che potrei suggerirti mi sento di chiamare in causa i cosidetti bias cognitivi.

L’essenza dei Bias

Euristiche, i bias cognitivi sono euristiche. Ossia, come le definisce la psicologia sociale e cognitiva, delle scorciatoie di pensiero che come esseri umani mettiamo in campo quando ci troviamo ad analizzare un contesto, una situazione, un problema o delle informazioni in generale.

In sostanza il nostro cervello vuole risparmiare energia e quindi fa appello a tutte quelle risorse che già sono stoccate al suo interno. Purtroppo queste risorse però sono contaminate.

Ti faccio un esempio pratico, così capiamo meglio. Immagina di dover assumere una nuova collaboratrice o un nuovo collaboratore per il tuo team delle vendite. 

Al colloquio si presenta questa persona e sarai chiamato a valutare che le sue competenze, il suo carattere e il suo comportamento possano sposarsi con le esigenze del tuo team. 

Quello che ti ho descritto è un processo articolato e razionale che generalmente una persona che ne sta assumendo un’altra dovrebbe rispettare.

Ma, siamo esseri umani e quindi cosa succede? Succede che il nostro ragionamento razionale sarà immediatamente contaminato da quello irrazionale. Il nostro cervello appunto emetterà subito un giudizio alla visione di questa persona. 

Il cosidetto priming che generalmente avviene nei primi 7 secondi di conoscenza. In questo frangente il cervello potrebbe ripescare l’immagine di un tuo ex amico che ora ti sta particolarmente antipatico (e quindi mettere l’etichetta di antipatico anche a questa persona) oppure potresti essere attratto dalla simpatia e dall’essere estroverso di questa persona.

In tutti e due i casi se lasci che questi bias prendano il sopravvento rischi di prendere la decisione sbagliata.

Alcuni esempi di Bias cognitivi

Ti ho fatto un esempio semplice che riguardava il bias chiamato “principio di simpatia” ma come potrai ben intuire la lista è lunghissima. Ce ne sono un paio che, a mio avviso, colpiscono più del 90% dei leader, dei manager e degli imprenditori.

Il primo è il positive o, il suo opposto, il negative bias. Ci sono persone che tendono a sovrastimare i risultati che possono raggiungere, mettendo in campo una determinata azione oppure, al contrario, tendono a vedere le cose particolarmente negative. E come potrai comprendere, in questo caso si è  particolarmente restii a prendere decisioni critiche.

Il secondo “errore di sistema” che voglio citare è il bias cognitivo di conferma che è una scorciatoia messa in campo quando selezioniamo solo le informazioni che avvalorano una nostra tesi oppure una nostra decisione. 

Suggerimenti per contrastarli

Al di là della lista infinita questi meccanismi, come ti ho accennato in precedenza, sono molto difficili da contrastare ma non impossibili.

E allora, voglio darti 3 suggerimenti che possono sicuramente darti una mano, garantendoti l’immunità quantomeno dagli errori grossolani.

Faccio una precisazione prima di scriverli, ossia, i bias cognitivi sono tanti e ognuno di loro presupporrebbe un approccio customizzato per limitarne gli effetti. Ecco, quelli che ti sto per dare sono suggerimenti standardizzati che vanno bene a prescindere dalla situazione e dal tipo di bias chiamato in causa.

Detto questo inizio subito con il darti il primo e cioè

“Mettiti nella condizioni di sapere che non sai”

Cosa intendo? Intendo che la maggior parte degli errori li compiamo generalmente perché già sappiamo di avere gran parte delle informazioni che ci servono, oppure perché conosciamo perfettamente quella situazione che si sta concretizzando davanti a noi. 

In sostanza prova a metterti nella condizione mentale di chi sta approcciando per la prima volta a quella decisione, a quella situazione o a quel contesto. 

Quindi il primo step è quello di iniziare con una forma mentis aperta a vari scenari, a varie interpretazioni, a varie soluzioni.

Dopo aver settato il tuo approccio seleziona bene le fonti di informazione dalle quali attingerai per prendere la decisione su quella persona o su quella strategia.

Viviamo in un periodo storico dove l’attendibilità delle fonti è abbastanza discutibile. Quindi ascolta le persone che ritieni autorevoli ed affidabili nella tua azienda, oppure documentati attraverso canali attendibili e certificati. 

La cosa importante è accogliere anche le informazioni contrastati rispetto al tuo iniziale punto di vista. E’ difficile lo so, ma ti mette dalla parte dell’oggettività.

Ultimo consiglio è: lasciati il giusto cuscinetto di tempo tra il tuo pensiero e la tua azione. Insomma fai depositare le iniziali convinzioni e soprattutto l’emotività.

Facendo così darai il giusto tempo al tuo cervello di processare le informazioni e attuare i meccanismi di pensiero razionale, che ti aiuteranno navigare mettendo da parte il più possibile le sensazioni.

Insomma, allenati a limitare la loro avanzata in modo che ogni bias non sia più la regola ma l’eccezione.