Tu e la tua organizzazione vi rifate all’approccio Data Driven?

Se non conosci questa espressione ti dico in breve di cosa si tratta: è uno dei tanti inglesismi del momento che sta semplicemente ad indicare la filosofia dove il dato viene messo al centro di ogni ragionamento.

Quindi, ogni decisione viene presa sulla base dei numeri e delle informazioni in possesso in quel dato momento. 

Secondo te è giusto o sbagliato rifarsi a questo modo di pensare?

L’importanza dei dati

Dunque, approccio guidato dai dati si oppure no? Come diceva William Edwards Deming: “senza dati alla mano sei solo una persona con un opinione”. Partirei proprio da questa frase per affermare con certezza che basarsi sui dati non è utile, è fondamentale.

Questa convinzione non è nata leggendo la frase di Deming ma, personalmente, è maturata sui campi di pallavolo. Come sai sono stato sia allenatore che scoutman (ossia l’esperto di match analysis) ed è proprio quest’ultimo ruolo che mi ha fatto comprendere bene quanto i dati costituiscano una base solida di ragionamento.

Come esseri umani tendiamo a flettere la realtà in base ai nostri parametri di calcolo. Anche se non ce ne accorgiamo la maggior parte delle decisioni viene presa seguendo le sensazioni e le convinzioni che abbiamo, quindi le prendiamo istintivamente.

Altro che approccio data driven, siamo tutti sottoposti a l’innegabile forza dei bias cognitivi. Cosa sono? Sono errori di ragionamento che commettiamo costantemente e non ce ne accorgiamo. A questo proposito ti suggerisco la lettura del libro Pensieri lenti e pensieri veloci di Daniel Kahneman. 

Cito sempre questo libro perché è un vero e proprio must per capire bene come lavorano queste forze invisibili e come deviano i nostri processi decisionali.

Comunque, tornando alla mia esperienza da scoutman è lì che ho visto come i bias possono falsare i ragionamenti e come i dati invece possano fornire una chiara lettura della gara o dell’intera stagione. 

Spesso infatti ho dovuto correggere il mio pensiero su un atleta perché a caldo pensavo avesse fatto una gara magistrale e poi a freddo, rileggendo i dati, non era cosi.

Perciò in qualsiasi contesto sia sportivo, aziendale oppure personale, partire dai dati è fondamentale perché va a limare la soggettività che mettiamo erroneamente in campo e aumenta l’oggettività che, si sa, può portare un valore aggiunto alle nostre decisioni.

Farsi guidare non basta

Quindi, ribadisco dati si, ma aggiungerei un’altra importante considerazione affinché il discorso sia completo. Bisogna partire e farsi guidare dai dati ma non bisogna diventarne schiavi.

Per non cadere in questa spirale bisogna utilizzarli nella maniera corretta. La parola d’ordine in questo caso è interpretare.

Il dato di per se è un numero o un’informazione asettica che rappresenta lo stato dei fatti in quel momento. È utile solo se si attiva un sistema di ragionamento che punti a capire tutto quello che nasconde quell’informazione. Un atleta ha una ricezione scadente oppure un collaboratore non riesce a portare a termine gli obiettivi settimanali?

Il dato lo dice ma il leader ha il compito di capire il perché. Che si tratti di una performance individuale o di squadra o di qualsiasi altro dato, bisogna farsi le domande giuste per rendere quel dato utile e propedeutico alla presa di decisioni.

Perciò ricapitolando: sì all’utilizzo dei dati, poi però il passaggio chiave è interpretarli nella maniera corretta mettendoli in relazione.

Solo così l’approccio data driven diventa realmente efficace e porta il tuo team ad esprimersi in un contesto il più oggettivo possibile, dove le decisioni non vengono prese sull’onda emotiva del momento.

E questo, ovviamente, ha come diretta conseguenza l’aumento della probabilità di conseguire i risultati desiderati